CONTRO IL MONTAGGIO POLIZIESCO
Nella mattina del 4 febbraio 2006, a Barcellona (Spagna), la polizia arrestò in forma violenta nove persone all’entrata di una festa. Tre di loro si trovano in carcere, due accusati di tentato omicidio e uno di attentato contro l’autorità e d’incitazione all’attentato. L’accusato di lanciare la pietra che sostengono abbia colpito il poliziotto è un ragazzo di 21 anni. Secondo versioni ufficiali un agente antisommossa della Guardia Urbana (UPA) è ferito e si trova in coma terapeutico indotto. In una conferenza di stampa il sindaco di Barcellona Joan Clos da una prima versione nella quale afferma che la ferita fu provocata per la caduta di un vaso di fiori lanciato dall’edificio dove si realizzò la festa . Sedici ore dopo la polizia cambia la precedente dichiarazione, sostenendo che la ferita poteva essere provocata da qualsiasi oggetto contundente. Il 5 febbraio è uscita la terza e ultima versione dei fatti, dichiarando che le persone che stavano nella via, all’entrata della festa, furono coloro che aggredirono l’agente con una pietra. Quale delle tre versioni ufficiali deve credere l’opinione pubblica? Se consideriamo la prima versione della polizia, riportata dal sindaco, risulterebbe che nessuno dei detenuti sarebbe responsabile del colpo che ha ferito il poliziotto. Dall’altra parte, per adesso, non esiste nessuna perizia sopra l’accaduto, tranne quella della polizia, in maniera che non si può contrastare con la versione della polizia e del comune, che si presenta come accusa particolare, che ha cambiato la sua versione in tre occasioni diverse nell’arco di due giorni. Gli imputati negano assolutamente le accuse. Testimoni oculari e detenuti coincidono nel dire che un gruppo di gente s’incontrava discutendo con quattro poliziotti davanti alla porta della festa, quando questi ultimi cominciarono a malmenare dopo aver chiamato più rinforzi. In questo stesso momento, il gruppo nel quale venivano gli incriminati arrivò al luogo e furono colpiti. Durante l’incidente, il poliziotto cadde ferito, arrivarono i rinforzi e continuarono le detenzioni e le mazzate. C’è d’aggiungere che la polizia al grido di “alto o sparo” sparò mentre seguiva le persone che scappavano dai colpi. I detenuti sono stati torturati durante la detenzione come nella permanenza nei diversi commissariati e negli ospedali. Presentano diverse contusioni in tutto il corpo, colpi in testa, lividi negli occhi, e due di loro le braccia rotte. La versione che nei mass media è arrivata all’opinione pubblica riduce il fatto a un insignificante scontro violento tra polizia e dei giovani squatters. Invece la realtà è che questi fatti si sono prodotti in una situazione particolare. L’incidente si situò in un quartiere che si trova in assoluto stato di degradazione provocato dalla politica urbanistica del comune. La violenza della polizia è stata così esplicita che molti dei vicini che hanno visto dai loro balconi la carica di poliziotti, erano impressionati dalla brutalità con cui le forze dell’ordine hanno represso non solo i giovani che si incontravano sulla porta dell’immobile in quel momento, ma anche a molte persone che transitavano casualmente per la strada. La maggior parte dei testimoni sono disposti a parlare dell’accaduto solo in privato perché sono intimoriti per l’impressione che gli ha prodotto la maniera di agire della polizia e perché dal giorno dei fatti continua la presenza permanente degli UPA (agenti antisommossa della guardia urbana)sotto le porte di casa loro. Il giorno dopo i fatti continuava la identificazione ingiustificata e le minacce a molti dei vicini che vivevano lì, e/o qualsiasi persona che aveva una supposta estetica “squatter”. Intimidivano la gente, portandola nelle stradine dei dintorni, puntando loro la pistola e minacciandole di morte. Continuarono le aggressioni con pugni, calci negli stinchi o scalzando la vittima, intimidendola, mentre ognuno degli agenti gli pestava i piedi. Per giustificare la violenza con cui si stavano comportando, dicevano alle persone che il poliziotto aggredito era morto. Infine bisogna aggiungere il ruolo ambiguo che aveva il luogo della festa. Per il Comune è più facile arrestare giovani sudamericani con estetica alternativa, che dover giustificare la sua responsabilità circa un edificio di sua proprietà. Gli abitanti dell’edificio lo usavano per pratiche mafiose e di narcotraffico, risulta molto difficile credere che la polizia ignorasse questi fatti. Tutto questo non è un caso, l’ascesa di violenza che i diversi corpi della polizia stanno sviluppando da molto tempo e più concretamente dall’entrata in vigore della legge del civismo (tolleranza zero) e l’ingresso definitivo dei “Mossos d’esquadra” (polizia catalana), sta praticando abusi sistematici contro collettività e quartieri dove l’interesse del Comune si scontra con la realtà della gente che abita lì.
Esigiamo la libertà immediata delle persone arrestate, la fine dei maltrattamenti e delle torture!
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